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La protezione 2.0 secondo Kaspersky. Con un occhio alle "nuvole" e uno al social networking

di Claudia La Via

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30 SETTEMBRE 2009
Eugene Kaspersky, Ceo e co-fondatore di Kaspersky Lab

Ha cominciato a studiare i virus dopo averne scoperto uno proprio sul suo computer. Da allora la vita professionale di Eugene Kaspersky è stata votata interamente alla lotta per la sicurezza informatica. Oggi Kaspersky Lab, fondata a Mosca nel 1997, è tra le cinque maggiori società che realizzano soluzioni per la protezione dei dati da attacchi e conta oltre 1.500 specialisti in 13 Paesi e 250 milioni di utenti nel mondo.
«Il fattore umano ha un impatto molto significativo nel campo della sicurezza informatica». Non si stanca di ripeterlo Eugene Kaspersky, Ceo e co-fondatore di Kaspersky Lab. Che con un sorriso ama citare una frase pronunciata da un suo collaboratore qualche giorno fa. «Il computer più sicuro al mondo è spento, abbandonato in una cantina, con il cavo di rete scollegata e il cui proprietario sia addormentato o addirittura morto». Una frase un po' forte ma che fa capire quanto sottile sia il confine fra rischio e protezione nella rete. Kaspersky Lab, già nel 2008, aveva previsto circa 20 milioni di programmi maligni, un numero dieci volte superiore rispetto ai 2,2 milioni del 2007. Ma le ultime rilevazioni di giugno parlano addirittura di 25 milioni di minacce informatiche in agguato.
Proprio per questa ragione Eugene sottolinea come sempre più spesso il modo migliore per affrontare il malware sia culturale più che tecnologico. «Anni fa eravamo sorpresi della velocità con cui si diffondevano i worm attraverso la posta elettronica. Oggi questo tipo di malware è quasi sparito. Ma credo che non dipenda dalle potenziate tecnologie antivirus, quanto piuttosto dal fatto che gli stessi utenti sono diventati più consapevoli, più saggi e hanno imparato la lezione».

In rete però, forse più che nella vita reale, gli utenti sono curiosi e tendono a commettere errori di superficialità. É questa la vera ragione dell'incidenza delle minacce sui social network?

Se qualcuno pensasse che per evitare di essere colpito da un malware fosse sufficiente non aprire un allegato di un e-mail da uno sconosciuto o non visitare siti di dubbia sicurezza, si sbaglierebbe. Oggi le nuove minacce arrivano soprattutto dai social network, vera icone del web 2.0, le nostre piazze virtuali in cui, più che altrove nella rete, abbassiamo le difese, ci sentiamo tra "amici" e ci fidiamo dei nostri contatti. I cyber criminali hanno sfruttato proprio questa vulnerabilità "umana", unita ad alcune falle ancora presenti nei sistemi di social networking. Ecco perché non possiamo più limitarci a studiare il virus, dobbiamo piuttosto valutare un quadro molto più ampio e prevedere come si sviluppano le minacce, anche quelle che potrebbero arrivare domani.

Che forma ha oggi la battaglia per la sicurezza informatica?

L'obiettivo oggi non è più la lotta al cybercrime tout-court, quanto piuttosto la creazione di un vero e proprio "ecosistema di sicurezza", un tool di strumenti integrati pronti a cooperare allo scopo di garantire la massima protezione di utenti e dispositivi. Una vera e propria task force capace di combattere e contrastare la crescita esponenziale delle minacce informatiche. Oggi grazie a una nuova tecnologia, siamo anche in grado di raccogliere segnalazioni di minacce che arrivano dagli altri utilizzatori di quel prodotto e che hanno acconsentito a fornire informazioni. Con questo modello i nostri tempi di reazione si sono ridotti a poche decine di secondi.

Una nuova strategia che si fonda sui principi del cloud computing?

Non proprio. Il principio fondamentale del cloud computing è di rendere disponibili risorse informative senza avere accesso ai computer fisici che le mettono a disposizione. Il nostro modello invece si basa sulla cloud security, dove il meccanismo è del tutto diverso. Vengono offerti servizi di sicurezza esternalizzati sulle nuvole ma il sistema operativo gira ancora localmente sul Pc sulla nostra scrivania.

Quanto conta per voi il "business sulle nuvole"?

Come gran parte della concorrenza, anche Kaspersky guarda al cloud computing come strumento di promozione e protezione. Ci permette di creare una prima linea di difesa contro i nuovi tipi di infezioni che ogni giorno finiscono in circolazione e rispetto ai quali non è detto che le whitelist e le blacklist, così come i database con le firme dei virus, siano già stati aggiornati.

Se il numero delle minacce informatiche cresce in maniera esponenziale, oggi la nuova minaccia in agguato sembra riguardare anche i telefoni di ultima generazione.

  CONTINUA ...»

30 SETTEMBRE 2009
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